Vado a spasso, ma in modo dircrso, sull’erba, sul sasso e la sabbia, il mio passo è l’ambio: c’è un cambio di passo rispetto alla massa. Il fantino mi sta sempre addosso, con le staffe mi botte qui in basso, correre in mandria va bene, ma senza le briglie e l’arcione. Un pugnale, se resta a riposo, è meno rischioso di un ago, io vago con sella e pastoia e il freno mi scuoia la bocca. Mi han fatto ferite alla schiena e già tremo alla vista dell’acqua, correre in mandria va bene, ma senza le briglie e l’arcione. Lo corsa! È giorno di gara, sono io il favorito allo schiero, su di me hanno tutti puntato e il fantino, e non io, è senza fiato. Mi pianta gli sproni nei fianchi e in tribuna sguardi beffanti... Correre in mandria sta bene, ma senza le briglie e l’arcione.                 Non prometto nessuna chimera, voglio essere in coda, al traguardo, in ricordo di questi speroni romperò fermandomi in gara. La campana! Sorride il fantino pregustandosi già vincitore, con la mandria correrei con piacere, ma senza la briglia e l’arcione. Come oso, che faccio, che avviene? Favorire così l’avversario! Ho perso sul serio il controllo. È che io non potrò andare in testa. E che cosa mi resta da fare? Disarcionare così il mio fantino e correre, come in mandria, con briglia e arcione, però senza lui! Fa i conti con questo insuccesso sull’erba, sul sasso e la sabbia, all’inizio non ero, io, un’ambio, ambivo a vincere anch’io come tutti!
© Sergio Secondiano Sacchi. Traduzione, 1992