Dal confìne girammo indietro la terra, fu al principio della guerra, poi, prendendo dagli Urali la spinta, ii comandante i’ha respinta nuovamente. Finalmente ci ordinarono di attaccare per riguadagnare ogni braccio e ogni piede e ognuno rivede come il sole, andato a dormire, finì di apparire da est. Non misuriamola a passi, la terra, importunando la sua serra inutilmente la spingiamo coi nostri scarponi via da noi, via da noi. E il vento dell’est piegava i covoni e dietro le rupi il gregge si proteggeva, abbiamo mosso l’asse terrestre senza leva quando le batterie hanno aggiustato il tiro. Non tenete il respiro se non c’è ancora l’aurora, è una fiaba bacucca, il giorno del giudizio, a far ruotare la terra intorno a un perno propizio è il turno di marcia dei nostri battaglioni. Avanziamo a carponi, abbracciamo colline, aderiamo alle gobbe, pllr senza amare le pene spingiamo la terra col nostro ginocchio via da noi, via da noj. E nemmeno l’occhio del Reparto Speciale qui scoprirebbe mani alzate al cielo e i corpi al suolo ci sono di aiuto, usiamo un caduto come riparo. Il proiettile ignaro può trovare noi tutti, dove andrà a conficcarsi, davanti o sul dorso? qualcuno è scomparso, nel bunker più avanti la terra, ad un tratto, si è tutta gelata. Nella mia camminata sopravanzo i miei piedi, ho pietà di ogni morto in questo avanzare, io faccio ruotare con i gomiti il mondo via da me, via da me. Qualcuno si è alzato e, con indiino profondo, ha fatto gli onori al suo colpo rugante, ma verso occidente il battaglione sta avanzando a carponi perché il sole sorga ancora ad oriente. Respiriamo da bestie fetori in palude ma la vista si chiude a tutti gli odori, in cielo ora il sole è sul proprio orizzonte perché l’occidente è a portata di mano. Senza badare se piedi e mani d sono ancora, la terra tira coi denti dai gambi come tra sposi, assaggiando rugiada verso di sé, sotto di sé, via da sé.
© Sergio Secondiano Sacchi. Traduzione, 1992